TRADURRE I FUMETTI È UN’ARTE
TRADURRE I FUMETTI È UN’ARTE
Chi non ha mai letto almeno una volta nella sua vita un fumetto? Ne esistono per grandi e per piccini, a colori o in bianco e nero, lunghi o brevi, insomma per tutti i gusti e per tutte le età. Grazie alle illustrazioni e alle frasi di botta e risposta fra i personaggi sono di facile e piacevole lettura. Ma tradurli da una lingua all’altra è tutt’altro che facile. Vediamo in questo articolo che tipo di mestiere è quello del traduttore di fumetti in tutta la sua complessità e bellezza.
Una medium-constrained translation: cos’è?
Innanzitutto, è bene specificare che il termine italiano “fumetto” designa le nuvolette che contengono i dialoghi dei personaggi rappresentati (i cosiddetti balloons in inglese). La parola deriva dal fatto che queste nuvolette escono dalla bocca dei personaggi come se fossero “fumo”. Oltre alle nuvolette di dialogo ne esistono altre tre per rappresentare il personaggio che sta pensando (nuvoletta con 3 bollicine), che sta sussurrando (nuvoletta dal contorno tratteggiato) e che sta urlando (nuvoletta dal contorno frastagliato). Come tutti sappiamo, i fumetti consistono in una serie di tavole illustrate con dialoghi fra i personaggi e talvolta didascalie che nel loro insieme formano una storia. È un po’ come vedere un film, solo che è in forma scritta. Infatti, la traduzione di un fumetto è molto simile a quella audiovisiva, cioè la traduzione di qualsiasi opera multimediale. Entrambe devono tener conto di diversi elementi linguistici ed extra-linguistici che limitano le scelte del traduttore. Il principale elemento è quello iconico: le immagini restano invariate e la traduzione deve adattarsi ad esse per essere coerente. Nel caso della traduzione audiovisiva, poi, entrano in gioco anche i vincoli spazio-temporali che pongono diversi problemi. Per saperne di più, puoi leggere il nostro articolo sulla traduzione audiovisiva e la sottotitolazione: https://translastars.blogspot.com/2020/01/che-cose-la-traduzione-audiovisiva.html.
Tornando ai fumetti, la loro traduzione deve considerare la presenza di due codici che agiscono contemporaneamente: il codice verbale (i dialoghi) e il codice visivo (le illustrazioni). L’unico codice che il traduttore può manipolare è quello verbale, poiché le immagini non variano. E le principali problematiche della traduzione dei fumetti, infatti, sono legate a questo vincolo. Ecco perché si parla di medium-constrained translation, ossia una traduzione strettamente vincolata al mezzo di trasmissione, in questo caso le immagini. In primo luogo, queste pongono un problema spaziale, perché le nuvolette che devono contenere il testo sono relativamente piccole, quindi la traduzione deve essere il più breve possibile (o comunque della stessa lunghezza dell’originale) e, nel contempo, restare “fedele” al testo di partenza. Con l’aggettivo “fedele” non s’intende che la traduzione debba essere letterale, ma che rispetti l’intento comunicativo dell’originale. Tutto ciò si rende particolarmente difficile quando si ha a che fare con le differenze culturali o con i giochi di parole. Per quanto questo rappresenti un elemento di difficoltà anche negli altri tipi di traduzione editoriale (romanzi, saggi, ecc.), nei fumetti il problema raddoppia perché resta vincolato alla presenza delle immagini che devono essere accompagnate da un testo coerente.
Il passaggio da una cultura all’altra
Per tradurre fumetti è necessario conoscere molto bene le tradizioni e la cultura del paese della lingua di partenza. Nei fumetti, infatti, è abbastanza frequente trovare riferimenti culturali, nomi propri e realia per cui è molto difficile trovare soluzioni traduttive efficaci. Laddove ci siano termini intraducibili è inevitabile ricorrere alle note del traduttore, ma per tutti gli altri casi è necessario scovare qualcosa che abbia un’equivalenza funzionale con l’originale. Questo compito può risultare un po’ più “semplice” nel caso in cui il dialogo sia slegato dalle immagini. Possiamo vedere un esempio di scelta traduttiva dall’inglese all’italiano di un nome proprio celebre tratto dal più noto fumetto al mondo: Mickey Mouse (Topolino).
Questa vignetta in inglese è stata tradotta in italiano in due modi differenti. Ciò su cui voglio porre l’accento è la scelta del nome dell’attore citato nella striscia. L’ironia del dialogo è incentrata proprio sulla contrapposizione tra l’attore scarso e il nome di un attore conosciuto per la sua bravura (sottolineata anche dall’utilizzo del grassetto). Il vignettista americano ha scelto di usare Barrymore senza specificarne il nome, probabilmente perché al lettore americano risulta già chiaro di chi si stia parlando. Il primo traduttore ha deciso di mantenere lo stesso attore, specificandone però il nome forse per distinguerlo dagli altri Barrymore attori. Il secondo traduttore, invece, ha scelto di cambiare totalmente il nome usando quello di una famosa attrice statunitense: Rita Hayworth, forse perché è più celebre in Italia. La scelta di usare il nome di un’attrice al posto di quello di un attore, senza il contesto di tutta la storia, è difficile da interpretare ma è sicuramente motivata.
Un altro tipo di riferimento culturale è dato dai suoni di una lingua molto diversi gli uni dagli altri. Basti pensare alla “r” vibrante del francese o ai suoni dell’arabo che presentano notevoli differenze con le lingue occidentali. Un esempio di adattamento dei suoni di una lingua lo possiamo trovare nel fumetto dei Puffi, i simpatici personaggi blu con il cappellino bianco che vivono in casette a forma di fungo. Il loro nome originale è francese: Les Schtroumpfs. Un termine del genere in italiano sarebbe impensabile perché sarebbe troppo complesso da pronunciare e da scrivere, dato che in italiano tutte le parole si scrivono come si pronunciano. Pertanto, il traduttore di questo fumetto ha inventato il nome Puffi, derivato dall’aggettivo buffi per le loro caratteristiche particolari. Inoltre, dal nome dei personaggi, il fumettista francese ha creato il verbo e l’aggettivo che loro usano al posto di qualsiasi altro verbo o aggettivo e che sono relativamente schtroumpfer e schtroumpfant. La loro creazione proviene dal nome dei personaggi con la desinenza tipica dei verbi e degli aggettivi francesi (-er per i verbi e -ant per gli aggettivi). Analogamente, il traduttore ha preso il nome Puffi e ha aggiunto la più comune desinenza dei verbi e degli aggettivi italiani (-are e -oso), creando puffare e puffoso.
Qui sopra possiamo vedere un esempio francese e un esempio italiano di come vengono usati i termini inventati per i Puffi. È molto semplice riuscire a sostituirli con le parole giuste grazie al contesto in cui si trovano. Nella vignetta francese da sinistra verso destra possiamo tradurli relativamente con: fare (una piccola festa), bella (idea), aggiustarsi, assaggiare (il mio dolce). Nella vignetta italiana, invece, troviamo solo una volta il verbo che si può sostituire con “cosa hai combinato!”.
Il sonoro nei fumetti: le onomatopee
Come dicevo nel primo paragrafo di quest’articolo, i fumetti sembrano la versione scritta di un film e proprio come i film, sembra incredibile, hanno il sonoro! Ovviamente non sono suoni udibili, ma lasciano spazio all’immaginazione del lettore. Si tratta delle onomatopee, ovvero la riproduzione scritta di suoni e rumori associati a determinati oggetti o a un’azione. È importante, però, sapere che le onomatopee non sono una convenzione universale: ogni paese e ogni cultura ha le proprie. I suoni del mondo sono gli stessi per tutti, ma ogni lingua le recepisce in modo diverso. Motivo per cui il traduttore di fumetti deve conoscere le onomatopee equivalenti tra la lingua di partenza e la lingua di arrivo. Ci sono parole onomatopeiche che possono comparire all’interno della nuvoletta del personaggio quando il suono è prodotto da lui stesso, ad esempio il rumore dello starnuto la cui grafia varia da paese a paese. In italiano diciamo etcì oppure etciù, in inglese achoo, in francese atchoum e così via con le altre lingue. Tutti i suoni esterni ai personaggi vengono rappresentati all’interno delle vignette ricorrendo al lettering, ossia a una tecnica grafica che permette di decidere il carattere, la dimensione e il colore delle parole onomatopeiche per suggerire la forza e la velocità del suono riprodotto. Ad esempio, per imitare un rumore forte in italiano si può usare l’onomatopea rumble (derivante dall’inglese con il significato di rimbombo). Se il rumore, oltre a essere forte, è prolungato si può modificare la sua grafia aggiungendo più lettere, come rrruuuuumble e usando un font tremolante per rendere maggiormente l’idea del rumore.
Vediamo qualche esempio di uso delle onomatopee nei fumetti mettendo a confronto l’inglese, l’italiano e il francese:
La prima vignetta tratta dal fumetto americano “Peanuts” è interamente costituita da parole onomatopeiche. In inglese la maggior parte delle onomatopee è costruita a partire da verbi esistenti nella lingua e qui ne troviamo due esempi: to chomp, cioè masticare rumorosamente e to smack, cioè dare un bacio. Infine, la terza onomatopea della vignetta è il verso del cane che in inglese è arf, mentre l’italiano lo rende in modo totalmente diverso utilizzando bau. Si può notare come nella penultima immagine arf sia di grande dimensione, colorato e seguito dal punto esclamativo per imitare un abbaio forte, singolo e furioso.
La seconda vignetta tratta dal fumetto italiano “Lupo Alberto” presenta l’onomatopea slurp (dal verbo inglese to slurp = bere rumorosamente) che rappresenta in modo figurato il leccarsi i baffi per qualcosa di gustoso. In questo caso l’onomatopea è accompagnata anche da alcune piccole immagini che rendono più chiaro il significato: i cuoricini e il pollo. La rappresentazione grafica di slurp con le lettere un po’ ondeggianti riporta all’emozione del personaggio che è in tilt. È interessante notare che le parole onomatopeiche dell’italiano sono spesso quelle inglesi. Ciò è dovuto al fatto che le onomatopee, in quanto segni grafici che sono parte integrante dell’illustrazione, spesso erano difficili da manipolare per i traduttori e quindi restavano nella lingua d’origine (la maggior parte delle volte l’inglese). Così certe onomatopee si sono affermate nell’italiano e oggi sono comunemente usate nei fumetti. Per chi è curioso di conoscerne alcune, consiglio di dare un’occhiata a questo link: https://www.homolaicus.com/linguaggi/glossario_fumetto/.
Infine, la terza vignetta è tratta dal fumetto francese “Asterix e Obelix” e presenta l’onomatopea paf che imita il suono di uno schiaffo o l’azione del colpire. In italiano potrebbe corrispondere al suono pow usato per sferrare colpi violenti come calci e pugni. Da notare che nella vignetta francese il font del paf è molto grande e slanciato come a indicare la direzione verso cui va il suono, cioè in alto. Inoltre, l’onomatopea è accompagnata da stelline che si sprigionano dalla scritta che sono la metafora visiva del dolore fisico.
Invito gli amanti di Topolino (e non) a guardare la striscia che apre il paragrafo sulle onomatopee per farvi notare la risata di Pippo resa con yuk!yuk! e che è ormai un suo tratto distintivo, così come Ahr!Ahr! identifica la risata di Gambadilegno.
Ci sarebbe ancora moltissimo da dire sul mestiere del traduttore di fumetti, ma purtroppo non è possibile condensare tutto in un articolo. Spero comunque di aver suscitato la tua curiosità e il tuo interesse verso questa vera e propria forma d’arte.
Autrice: Zahra Jarib
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